RENDIMENTI MAGGIORATI SUI BUONI FRUTTIFERI POSTALI DELLA SERIE Q/P

2/11/21

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Sui buoni fruttiferi postali serie Q/P la Corte d’Appello di Brescia, Sez. I, con sentenza del 7 ottobre 2021 ha confermato il diritto dei risparmiatori a percepire il diritto agli interessi pieno dal 21° al 30°

La Corte d’Appello di Brescia, stabilisce che qualora il Buono Postale Fruttifero della serie Q/P sottoscritto successivamente all’entrata in vigore del DM 13.06.1986, la liquidazione degli ultimi 10 anni deve avvenire secondo i rendimenti indicati a tergo del titolo, in ossequio al principio stabilito dalla Cassazione  SS. UU. n. 13979/2007, e non secondo i tassi di interesse modificati dal DM. La decisione scaturisce da una delle numerose controversie che vedono impegnata la società Poste Italiane per i buoni fruttiferi confezionati con moduli prestampati che indicano un rendimento superiore a quello effettivamente liquidato.

 

Il caso trattato

Il cliente, titolare di due buoni fruttiferi postali emessi successivamente al 1 luglio 1986, chiedeva al Poste Italiane degli restituzione interessi pieni visto che Poste Italiane aveva emesso i buoni utilizzando i precedenti modelli, previa apposizione di due timbri, uno sulla parte anteriore, recante la dicitura “serie Q/P” l’altro, sulla parte posteriore , recan te la misura dei nuovi tassi.
Senonché, il timbro non riportava alcuna modifica all’importo fisso a bimestre che sarebbe maturato dal ventunesimo anno e fino al trentesimo anno successivo alla data di emissione, di modo che restava valida la dicitura relativa agli interessi riportata sulla parte posteriore dei buoni postali.
Il Tribunale di Bergamo accolse la domanda condannando Poste Italiane a corrispondere la differenza
Avverso la pronuncia Poste Italiane propone appello, sostenendo, tra l’altro, che all’epoca non vigeva alcuna normativa che disciplinasse la trasparenza delle operazioni con riguardo alla variazione dei tassi di interesse, anche in senso sfavorevole al cliente

La decisione favorevole ai risparmiatori

La Corte di Appello di Brescia osserva che la valutazione circa la fondatezza del motivo di gravame deve essere effettuata muovendo dalla premessa della configurazione in termini strettamente civilistici del rapporto tra risparmiatore ed ente emittente il titolo: in tal senso si esprime la giurisprudenza di legittimità, la quale afferma in proposito: «occorre ricordare che, anche quando servizi postali come quello in esame erano offerti da un’azienda dello Stato (la quale, con la L. n.71 del 1994, fu poi trasformata nell’Ente Poste, avente natura di ente pubblico economico, e quindi in società per azioni), essi si caratterizzavano per l’essere organizzati e gestiti in forma d’impresa: donde -già allora – conseguiva “la conformazione dei rapporti con gli utenti come rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato.».
Richiamato l’orientamento della Cassazione la Corte Territoriale osserva che la valutazione del caso debba essere effettuata, dunque, secondo le categorie del diritto privato.
Di conseguenza, seppur è vero che, secondo la disciplina speciale l’apposizione dei due timbri, a fronte e nel retro del titolo, avrebbe reso possibile l’integrale applicazione del regime dei tassi di interesse di cui al nuovo DM, cionondimeno tale effetto può intendersi integralmente verificato solo a condizione della completezza e dell’univocità delle indicazioni in tal modo introdotte, semmai efficaci ancorché effettuate per relationem, ma giammai se parziali, per l’ovvia considerazione che, in presenza di queste ultime, il sottoscrittore è naturalmente indotto a ritenere che, per le parti non incise dalla modifica, si mantenga intatta la disciplina espressa nel testo del titolo.
Infatti, precisa la Corte d’Appello, col secondo timbro, viene dettata una disciplina precisa, in conformità alle indicazioni espresse nel DM, circa la determinazione dell’interesse, composto, spettante al sottoscrittore per il primo periodo ventennale (8% fino al 5 anno, 9% dal 6 al 10, 10,50%dall’11 al 15 anno, 12% dal 16 al 20 anno), e viceversa si è totalmente omesso ogni riferimento al periodo successivo, dal 21 al 30 anno, in quanto non è stata riportata alcuna modifica rispetto alla dicitura relativa all’importo fisso a bimestre riconosciuto per tale ultimo periodo.
In tale situazione è logico supporre il formarsi di un ragionevole affidamento in ordine alla spettanza di interessi sul capitale in misura pari a quelli indicati nel timbro per il primo ventennio e dell’ulteriore spettanza – per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno successivo all’emissione – dell’importo calcolato secondo il previgente regime.
Al riguardo l’orientamento dell’Arbitro Bancario Finanziario è nel dare ragione si risparmiatori che, pertanto, mantengono il diritto a reclamare da Poste Italiane il differenziale di rendimento.
Anche i risparmiatori che hanno già riscosso il rimborso dei buoni serie Q/P possono reclamare la differenza di rendimento e, in caso di diniego attivare il ricorso all’ABF o rivolgersi al giudice competente per fare valere i propri diritti.

Link e documenti
Testo della sentenza del 7 ottobre 2021 su dirittodelrisparmio.it

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