LEASING IN FRANCHI SVIZZERI: COME OTTENERE IL RISARCIMENTO

22/04/21

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La corte d’appello di Trieste, con sentenza n.121 del 15 aprile 2021, è intervenuta, nuovamente, a stabilire che i mutui in valuta estera contengono clausole invalide.

Come ben noto la clausola di indicizzazione  a valute estere è stata utilizzata soprattutto  Hypo Alpe Adria Bank per i leasing alle imprese, in particolare dal  dal 2004 al 2011 per l’acquisto di immobili e attrezzature strumentali all’esercizio dell’azienda.
Il più delle volte la clausola è parametrata al Libor CHF e al rapporto di cambio Euro/Franco svizzero (ma in alcuni casi anche al LiborJPY e al rapporto di cambio yen giapponese / euro.
L’effetto dell’inserimento nel contratto di una tale clausola è stata quella di legare il rimborso alle variazioni del cambio fra le due monete, ma tale assunzione di rischio, da parte del cliente,  non ha alcuna ragione nell’economia contrattuale, se non puramente speculativa.

La Corte ha esaminato la vicenda in seguito all’impugnazione della banca, che contestava la sentenza che ha accolto la domanda della società attrice alla restituzione delle somme versate

Il contratto di leasing sottoscritto nel 2005 con clausola di indicizzazione al cambio tra Euro e Franco Svizzero (Libor CHF 3 mesi 365).

Secondo la ricostruzione del giudice si tratta di un contratto aleatorio stipulato assimilabile allo swap, contenente una sorta di scommessa sull’andamento futuro dell’indice del cambio.

Il giudice di appello ritiene necessario valutare se la clausola in questione possa configurare profili di nullità, in particolare in relazione alla meritevolezza ai sensi dell’art. 1322 codice civile

La clausola avrebbe dovuto svolgere la funzione di ottenere l’equivalenza finanziaria di un contratto stipulato direttamente in valuta estera.

Il giudice Osserva che tale finalità, non emerge dal testo contrattuale, ove sia il finanziamento erogato che l’importo dei canoni dovuti sono denominati in moneta italiana, e dove la questione “indicizzazione” è trattata all’interno di una clausola  clausola complessa e oscura.

Perciò la clausola “rischio cambio” si rivela contenere effettivamente finalità aleatorie ed eminentemente speculative, incoerenti rispetto alle effettive necessità di un contratto di leasing

Quindi, il giudice aggiunge alla sentenza di primo grado, ulteriori motivi di invalidità, in riferimento  all’1322, secondo comma, c.c. indipendentemente dalla determinabilità o meno della clausola.

La sentenza della corte d’appello di Trieste segue numerose pronunce dei tribunali e dell’ABF tutte concordi nell’affermare la invalidità della clausola di indicizzazione e il diritto alla restituzione delle  somme pagate in eccesso.

L’orientamento prevalente conclude che la clausola di rischio cambio integra, a tutti gli effetti,  un autonomo strumento finanziario derivato,  e tale motivo deve  essere dichiarata nulla per indeterminatezza ovvero perché   ha le caratteristiche e produce gli effetti di un investimento in titoli derivati, senza però che il soggetto finanziatore  abbia assolto  agli obblighi informativi previsti dal d.lvo 58/1998 (Testo Unico Finanziario)  e dai regolamenti Consob  applicabili  nella prestazione di servizi finanziari. (V Tribunale di Udine sent. 100/2018; 836/2018;   1041/2018 )

 Anche l’Arbitro Bancario Finanziario ha, in varie occasioni,  concluso nel senso che la clausola non espone in maniera chiara, e comprensibile  in ordine alle “operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare la duplice conversione da una valuta (Collegio di coordinamento decisioni nn. 5855 e 5866/2015)

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con il  provvedimento n. 27214 del 13 giugno 2018  aveva già censurato le clausole di indicizzazione contenute nei contratti di Barclays perché  contrarie ai principi di chiarezza e comprensibilità previsti dall’art. 35 co. 1 del codice del consumo.

Si conferma, in definitiva, il diritto, per tutte le imprese che hanno stipulato uno di questi contratti di leasing, e dei privati che hanno stipulato i mutui, di agire per recuperare parte delle somme pagate in virtù della variazione del cambio euro/ franco svizzero.  Nell’ottobre 2007 un euro valeva ancora 1,68 franchi. Con lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008 il tasso di cambio è sceso a 1,05 franchi, e i debiti dei clienti hanno raggiunto nel corso degli anni, livelli insostenibili.  

Link e Documenti:
Corte d’appello di Trieste sentenza n.121 del 15 aprile 2021

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