LE CLAUSOLE ABUSIVE DEI MUTUI INDICIZZATI AL FRANCO SVIZZERO

3/09/21

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I contratti indicizzati al franco svizzero contengono clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile che possono essere qualificate vessatorie o abusive. Con questa decisione la sentenza della Corte di Cassazione n. 23655 del 31 agosto 2021 ha esaminato il tessuto negoziale di un contratto di mutuo di Barclays valorizzando la funzione degli strumenti di vigilanza costituiti dai provvedimenti dell’autorità antitrust.

Il caso trattato: la stipula del mutuo Barclays e la estinzione anticipata 

I coniugi avevano stipulato due contratti di mutuo secondo uno schema predisposto da Barclays Bank, che prevedeva la restituzione delle rete di mutuo valorizzata in base all’andamento del franco svizzero.

In seguito all’andamento negativo della valuta estera il valore monetario da restituire era enormemente aumentato, e i coniugi avevano estinto il prestito con notevole aggravio.

Per questa ragione  hanno chiesto il risarcimento del danno e la restituzione degli importi pagati in forza di clausole invalide perché scarsamente comprensibili.

Barclays Bank sosteneva, al contrario,  che il contenuto del contratto di “mutuo in Euro indicizzato al franco svizzero” era chiaro e comprensibile, relativamente alla sua indicizzazione non solo quanto agli interessi, ma anche quanto al capitale.

Il Tribunale di Busto Arsizio, in primo grado, ha qualificato i contratti come contratti di mutuo in Euro indicizzati al franco svizzero solo quanto agli interessi e non anche al capitale, ed ha condannato Barclays Bank a restituire la somma corrisposta a titolo di indicizzazione valutaria del capitale.

Barclays Bank ha impugnato la sentenza e la Corte di appello di Milano con sentenza del 1/2/2019 ha accolto l’appello principale e ha rigettato l’appello incidentale.

Al contrario del promo giudice la Corte milanese ha ritenuto che l’analisi delle clausole contrattuali rendesse evidente l’indicizzazione in franchi svizzeri del mutuo anche con riferimento al capitale mutuato.

La cassazione ritiene erronea la sentenza di appello e rinvia alla corte per una nuova valutazione dei fatti

 

La decisione della cassazione: la scarsa chiarezza e comprensibilità delle clausole di indicizzazione accertata dall’autorità antitrust

La cassazione prende atto che le anomalie delle clausole contenute nei contratti di Barclays Bank sono state oggetto di valutazione da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) con provvedimento n.27214 del 2018.

Con il provvedimento I’AGCM, nell’esercizio dei suoi poteri di public enforcement, ha ritenuto che alcune clausole dei contratti di mutuo in euro indicizzati in valuta estera della Barclays (artt.4, 4 bis, 7, 7 bis) fossero affette da «difetto di chiarezza e trasparenza» e contrarie ai principi della direttiva 1993/13/CEE come elaborati dalla Corte di Giustizia e agli artt.33 e seguenti del Codice del consumo perché «non espongono in modo trasparente il funzionamento concreto dei citati meccanismi della doppia indicizzazione, finanziaria e valutaria, del deposito fruttifero e di rivalutazione monetaria caratterizzanti il prodotto …. ».
L’AGCOM ha affermato che le clausole apparivano in sé, in collegamento tra loro nonché nel contesto dell’intero contratto,
contrarie all’art. 35, comma l, del Codice del consumo per la loro formulazione non chiara e trasparente, tenuto conto del fatto che
risultavano scarsamente intellegibili per il consumatore […]

La Suprema Corte, richiame, quindi l’orientamento giurisprudenziale della stessa Cassazione, secondo cui gli accertamenti compiuti dall’Autorità garante godono di una efficacia probatoria rafforzata nei giudizi civili ordinari per il risarcimento dei danni derivanti da illeciti anticoncorrenziali.
In tal caso i provvedimenti assunti dall’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato e le decisioni del giudice amministrativo, che eventualmente abbiano confermato o riformato quei provvedimenti, costituiscono prova privilegiata in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso (Sez. l, n. 18176 del 05/07/2019, Rv. 654545- 02; Sez. lj’ n. 13846 del 22/05/2019, Rv. 654261 – 01; Sez. l, n. 11904 del 28/05/2014, Rv. 631486- 01;Sez. l, n. 12551 del 22/05/2013,, Rv.  626623 01; Sez. 3, n. 7039 del 09/05/2012,Rv. 622371- 01; Sez. 3, n. 17362 del 18/08/2011, Rv. 619110- 01; Sez. 3, n. 2305 del 02/02/2007, Rv. 595539- 01).

In conclusione la Cassazione riafferma la portata precettiva in favore del consumatore delle norme nazionali contenute negli artt. 33 e 36, comma 1, 35, comma l, 34, comma 2 del codice di consumo  e negli artt.3,6,5, comma 1, e 4, comma 2, della Direttiva 1993/13/CEE.

Tali norme, devono essere valutate anche alla luce della posizione di debolezza e di asimmetria informativa del consumatore, avendo la finalità di metterlo nelle di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e operare così scelte consapevoli e corrette.

Pertanto le clausole di indicizzazione contenute nei contratti di Barclays devono essere interpretate in analogia alla matrice ravvisata dalla più recente dalla Corte in tema di nesso causale fra inadempimento informativo dell’intermediario finanziario e pregiudizio subito dall’investitore (Sez. 1, n. 16126 del 28/07/2020, Rv. 658562- 01; Sez. 1, n. 9460 del 22/05/2020, Rv. 657682- 01), ovvero secondo il seguente di diritto espressamente richiamato dalla Cassazione«In tema di contratti fra professionista e consumatore, allorché si controverta in sede civile sulla chiarezza e comprensibilità delle clausole contrattuali, anche nella prospettiva dell’accertamento di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto determinano a carico del consumatore, opera una presunzione legale, suscettibile di prova contraria, non sancita espressamente dalla legge e scaturente dalla funzione sistematica assegnata agli strumenti di public enforcement, che genera un dovere di motivazione e di specifica confutazione in capo al giudice ordinario adito ai sensi dell’art. 37 bis, comma 4, del Codice del consumo e chiamato ad occuparsi dello stesso regolamento contrattuale oggetto dal provvedimento amministrativo e giudicato non chiaro e comprensibile dall’AutoritéJ Garante per la concorrenza e il mercato». 

Il mutuo indicizzato non è un derivato implicito

La cassazione prende le distanze dalla tesi che, argomenta la applicabilità della normativa finanziaria, assimilando il contenuto dei mutui indicizzati a uno strumento finanziario derivati (e in particolare agli swap).

Ritiene la Corte che non è possibile assimilare il contratto di mutuo, ancorché indicizzato, ad uno strumento finanziario per la semplice ed assorbente ragione che manca nella struttura contrattuale l’operazione di investimento di risorse da parte del mutuatario, che non acquista uno strumento finanziario, ma viene invece finanziato.

Il contratto di mutuo indicizzato – sottolinea infine la Corte  – non genera alcun titolo idoneo alla circolazione e pertanto non contiene un carattere essenziale tipico degli strumenti finanziari.
Infatti, la giurisprudenza della Corte – precisa la sentenza – in un caso analogo, ha affermato che la clausola di indicizzazione al cambio di valuta straniera, inserita in un contratto di «leasing in costruendo», non è uno strumento finanziario derivato, poiché è assimilabile solo finanziariamente, ma non giuridicamente, al domestic currency swap, costituendo esclusivamente un meccanismo di adeguamento della prestazione pecuniaria, privo di autonomia causale rispetto al negozio cui accede e non idoneo a circolare liberamente sul mercato (Sez. 3 , n. 4659 del 22/02/2021, Rv. 660602- 01).

Link e documenti:
Corte di Cassazione sentenza n. 23655 del 31 agosto 2021

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