CONTRIBUTI INPS NON VERSATI: SANZIONI PENALI O AMMINISTRATIVE

16/05/16

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Con una sentenza dell’8 aprile scorso la Corte di Cassazione ha affermato che sotto la soglia dei 10.000 euro è applicabile la depenalizzazione prevista dal D.Lgs. n. 8/2016, anche a tutte le cause ancora in corso e, quindi, anche per i casi di evasione contributiva verificati prima dell’entrata in vigore della nuova norma, se inferiore alla soglia. 

Con la riforma delle sanzioni le ritenute previdenziali non versate fino a 10mila euro non sono più reato, ma si prevede solo una sanzione amministrativa da 10mila a 50mila euro.
Il ministero del Lavoro ha chiarito con la circolare 6/2016 che a seguito della depenalizzazione si vengono a configurare due ipotesi.
Al di sopra dei 10 mila euro continuerà a essere applicato il reato che prevede la pena della reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro; 
Al di sotto dei 10mila euro la sanzione sarà di tipo amministrativo: da 10mila a 50mila euro. 
Se il datore di lavoro versa le ritenute entro tre mesi dalla notifica della contestazione della violazione non sarà né punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa. 
Però, sempre secondo la Cassazione (sentenza 11353/2015)  ove il fatto assume rilevanza penale (e quindi oggi per importi superiore a 10.000 euro) nella posizione del datore di lavoro che non versa le ritenute previdenziali secondo l’orientamento della Cassazione penale non può operare la rilevanza “scusante” dello stato di insolvenza.
In sostanza il datore di lavoro non può dare precedenza al pagamento degli stipendi rispetto al pagamento del debito verso l’Inps, per poi invocare a propria discolpa l’impossibilità di adempiere per mancanza della necessaria liquidità, nè potrà invocare lo «stato di necessità» previsto in materia di illeciti amministrativi in base all’articolo 4 della legge 689/1981.


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