BANCA POPOLARE DI BARI: RISARCIMENTO AGLI AZIONISTI INCAGLIATI

12/03/18

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Sono stati tutti accolti quattro ricorsi presentati all’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) da azionisti  della Banca Popolare di Bari rimasti con azioni illiquide e quotate oggi sul mercato   HiMtf a un prezzo molto inferiore rispetto a quello di acquisto.
 L’Acf ha accertato che nelle vicende prospettate vi erano state numerose  violazioni della normativa a tutela dei risparmiatori.   Soprattutto  si riconosce  che la mera consegna o la dichiarazione del cliente di aver preso visione dei documenti, non si traduce in via automatica nell’adempimento da parte della banca degli obblighi informativi, previsti dagli artt. 31 e 32 del Regolamento Consob 2007.

Come in altre decisioni, l’arbitro ha osservato come la mera consegna o la dichiarazione del cliente di aver preso visione del Documento di Registrazione, della Nota Informativa, della Nota di Sintesi e dei Fattori di rischio, non si traduca sic et simpliciter nell’adempimento degli obblighi informativi. Infatti scrive il collegio: “ […]  gli obblighi informativi degli intermediari verso i propri clienti si inseriscono in un quadro normativo la cui pietra angolare risiede proprio nella capacità di “servire al meglio l’interesse” del cliente, adattando la prestazione erogata in ragione delle specifiche caratteristiche del contraente (esperienza, conoscenza, obiettivi di investimento, situazione patrimoniale)”.
Precisa il collegio che sugli intermediari grava anche un generale obbligo di profilatura dei prodotti offerti, solo attribuendo una valutazione ad essi risultando possibile valutare, in concreto, la loro adeguatezza rispetto al profilo di rischio del cliente.
Riguardo alle azioni delle azioni della Banca Popolare di Bari il collegio nutre forti perplessità sulla fatto che valutato il rischio connesso alle azioni possa essere valutato come “medio”.
Tale valutazione è non è accettabile perché, anche secondo l’arbitro, si tratta , comunque, di quote di capitale di rischio e, ancor più, di strumenti illiquidi che, in quanto tali, tipicamente espongono il cliente non solo al rischio di perdita dell’intero capitale investito ma anche a quello, ulteriore, di non riuscire ad operare disinvestimenti, come d’altronde effettivamente accade per tutti gli azioni della popolare di Bari.
Non è la prima volta che l’ACF condanna la banca pugliese a risarcire i clienti, confermando le molte le criticità connesse al collocamento  delle azioni azioni  della banca Popolare di Bari, ma anche di altre banche non quotate. I  profili di scorrettezze possono essere fatte dai clienti presso gli organi giudiziari o arbitrali per chiedere l’invalidità del contratto, e quindi la  restituzione dell’investimento o il risarcimento del danno.
In questo caso l’ACF ha calcolato il danno nella differenza fra la somma che gli azionisti avevano pagato per comprare le azioni, ed il valore presumibile di smobilizzo dell’azione sul mercato secondario Hi-MTF (euro 5,70). Il tutto oltre interessi legali.  Tuttavia il danno effettivo per il cliente può essere molto maggiore perché non possibile se sarà effettivamente possibile smobilizzare l’investimento a tale prezzo. Gli scambi sul mercato HiMtf sono infatti ben pochi per offrire sufficienti garanzie di liquidabilità.
Ricordiamo che sono circa 70mila gli azionisti di Banca Popolare di Bari rimasti incastrati in azioni acquistate quasi tutte al prezzo di 9,53 euro, e attualmente invendibili e comunque con un prezzo teorico molto inferiore.
Il prossimo passaggio atteso è quello della decisione della Corte Costituzionale, che dopo l’udienza del 20 marzo prossimo, dovrà decidere se la banca è obbligata o meno a trasformarsi in S.p.A. e, in tale caso, se sussiste il diritto degli azionisti a recedere dalla compagine societaria, chiedendo il rimborso del valore dei titoli azionari posseduti.  Ma anche se la Corte dovesse decidere per il diritto di recesso il valore della quota sarà certamente molto inferiore a quello di acquisto, e quindi con perdite notevoli per tutti i clienti/azionisti, e con la prospettiva di dovere rivolgersi al giudice per la tutela delle proprie ragioni.

Link e documenti:
Decisione n. 300 del 26 febbraio 2018


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