AZIONI NON QUOTATE: COME USCIRE DA UN PESSIMO INVESTIMENTO

30/08/22

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Investire in titoli illiquidi può essere un pessimo investimento.  Lo sanno molti clienti di banche Popolari che hanno deciso di investire in azioni emesse dalle stesse banche ma non quotate in borsa.

Che differenza c’è tra titoli non quotati e quotati?

Quando si parla di azioni non quotate ci si riferisce a partecipazioni illiquide emesse da banche su mercati non regolamentati (ovvero mercati in cui la contrattazione non avviene in modo istantaneo). Il punto principale da considerare a proposito dei titoli non quotati è che il loro valore è calcolato dalla banca che li emette, a sua discrezione.

Inoltre, i titoli, normalmente dopo la vendita all’asta agli investitori (il cosiddetto mercato primario) vengono inseriti nei listini di borsa dove la compravendita avviene in maniera organizzata nel caso dei mercati regolamentati. Per comprendere bene cosa accade è utile chiarire le differenze tra mercati regolamentati e non regolamentati.

  • Titoli sui mercati regolamentati – La compravendita di azioni o obbligazioni avviene in modo istantaneo. Gli investimenti possono essere liquidati in ogni momento per raccogliere i profitti o limitare le perdite e riappropriarsi del proprio denaro, frutto del disinvestimento.
  • Titoli sui mercati non regolamentati – gli istituti di credito hanno il ruolo di market maker ed emettono titoli che non sono scambiati ad un valore di mercato (come avviene in borsa) ma ricevono un valore arbitrario definito dall’emittente. Questo aspetto pone diversi problemi. In particolare, è possibile che al momento della vendita l’azione non venga riacquistata al valore nominale, risultando in una perdita oppure che non sia proprio possibile disfarsene.

Un esempio concreto e quello della Banca Popolare di Vicenza. Questa aveva venduto le proprie azioni (non quotate) a circa € 60 ciascuna. Il prezzo è stato stabilito dall’emittente (ovvero la banca stessa). I clienti dell’istituto di credito hanno acquistato, fidandosi dei consigli degli impiegati allo sportello, certamente incentivati alla vendita delle azioni. A seguito del default della banca, Il governo ha creato il fondo Atlante che ha stimato il valore reale delle azioni a € 0,10 ciascuna. Inutile dire che la perdita di chi ha investito in queste azioni non quotate è stata ingentissima. Di seguito un link che riepiloga la vicenda.

Un altro esempio è quello di Banca Popolare di Bari, le cui azioni sono ormai del tutto svalutate.

Nonostante le banche popolari si caratterizzino per essere istituti di prossimità, vicine alle famiglie e ai risparmiatori, a pagare le spese della cattiva gestione sono stati di milioni di investitori non professionali che, quasi sempre  su consiglio della stessa Banca, hanno investito i risparmi di una vita nei titoli delle banche stesse.

Difatti, hanno raccomandato ai i propri clienti l’acquisto di  azioni e obbligazioni convertibili in azioni – con elevata difficoltà di smobilizzo.

Sono tanti altri i casi di banche i cui clienti sono attualmente incagliati. In particolare numerosi reclami sono giunti alla nostra associazione da possessori di azioni di Banca di Pisa e Fornacette CC, Banca Popolare Lajatico, CR San Miniato, Banca Popolare di Cortona, Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Banca Popolare di Cividale, Banca Valsabbina

 

Perché le banche emettono titoli non quotati?

Le azioni sono emesse dalle banche per aumentare le proprie risorse finanziarie. Spesso i titoli non quotati vengono offerti da banche del territorio in un contesto di concessione di fidi (le cosiddette “operazioni baciate”: la banca concede il fido richiesto se il cliente compra al contempo le azioni della banca). L’esperienza italiana recente (Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Popolare di Bari, Banca delle Marche etc…). L’esperienza  ha evidenziato come spesso gli istituti che propongono questi strumenti siano proprio quelli dalla solidità più dubbia e quindi con i rischi maggiori.

Poi ci sono molti titoli emessi da banche che pur essendo relativamente solide, sono comunque quasi impossibili da liquidare. Ciò significa che il valore il possesso del risparmiatore è puramente virtuale in quanto non è in grado di smobilizzare le azioni per mancanza di investitori disposti ad acquistarle.

Come uscire da un investimento in azioni illiquide?

I clienti sono spesso convinti di poter liquidare facilmente i titoli e rientrare delle somme investite. In realtà non è affatto così.

Infatti:

  1. La banca non può ricomprare liberamente il titolo poiché il riacquisto di azioni proprie è soggetta a rigorosi vincoli e deve essere autorizzata dalla Banca d’Italia.
  2. Il diritto di recesso è limitato secondo quanto previsto dall’art. 28, comma 2 ter, del TUB che dispone:  “Nelle banche popolari e nelle banche di credito cooperativo il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò sia necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca. Agli stessi fini, la Banca d’Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi”.
  3. La cessione ad altri investitori è quasi impossibile per mancanza di domanda. Anche sulla piattaforma Hi-Mtf, dove hanno trovato rifugio molti titoli di banche non quotate: Anche qui le transazioni sono ridotte ai minimi termini per mancanza di acquirenti

 

L’unica soluzione praticabile per liberarsi di titoli non quotati può essere quella di rivolgersi al tribunale oppure all’arbitro per le controversie finanziarie che valuterà il corretto adempimento degli obblighi informativi a carico della banca nella vendita dei titoli.  Il limite di tale soluzione è che deve essere attivata entro dieci anni dall’acquisto, perché oltre tale periodo la prescrizione impedisce di fare valere i propri diritti.

Dinanzi alla prospettiva – quasi certa – di non poter recuperare le somme investite, migliaia di risparmiatori hanno avviato contenziosi nei confronti delle Banche. Infatti, la legge pone a carico dell’intermediario finanziario che proponga servizi di investimento, specifici ed inderogabili obblighi informativi, a maggior ragione nel caso in cui si provveda al collocamento o alla negoziazione di titoli azionari, non quotati su mercati regolamentati o considerati equivalenti dalla disciplina MIFID.

Un utile esempio è fornito dalla sentenza del 15 aprile 2021 del Tribunale di Bari che ha riconosciuto i diritto dei risparmiatori traditi dalla consulenza delle banche. Il giudice in accoglimento della domanda dell’azionista, ha disposto la risoluzione degli ordini di acquisto delle azioni vendute dalla Banca Popolare di Bari nella duplice veste di emittente ed intermediario, proprio in ragione del grave inadempimento degli obblighi informativi posti a carico del prestatore di servizi di investimento, ed ha condannato la Banca all’integrale restituzione del capitale investito.

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da azioni illiquide

Il tribunale ha anche ribadito importanti principi in materia di prescrizione. In primo luogo, trattandosi di responsabilità contrattuale, il termine è quello ordinario decennale che decorre dalla data dell’acquisto. Pertanto ogni atto interruttivo entro il decennio è sufficiente a interrompere il decorso.
Inoltre, il tribunale precisa che, se anche se si volesse inquadrare la fattispecie in quella di responsabilità extracontrattuale e/o responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. della Banca, “il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non già dalla data del fatto, inteso come fatto storico obiettivamente realizzato, bensì da quando ricorrano presupposti di sufficiente certezza, in capo all’avente diritto, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, sì che gli stessi possano ritenersi dal medesimo conosciuti e conoscibili” (v. Cass. Civ. n. 21255/2013 e v. anche Cass. Civ. n. 11119/2013,
Nel caso delle azioni di Banca Popolare di Bari tale data può farsi coincidere:

1) con la pubblicazione, avvenuta il giorno 8.10.2018, delle prime delibere sanzionatorie n. 20583 e n. 20584, emesse dalla Consob, la quale ha rivelato la violazione da parte della Banca di tutta una serie di obblighi informativi in relazione alla determinazione del prezzo dell’azione, nel corso dell’ Aumento di capitale del 2013

2) ovvero, in subordine, con l’assemblea del 29 aprile 2016,
allorquando il valore dell’azione è repentinamente e improvvisamente sceso a € 7,50 ad azione;
3) ovvero, in via ancor più gradata dalla data in cui veniva indicato, per la prima volta, nell’estratto conto del dossier titoli il livello di rischio reale dell’azione Banca Popolare di Bari come medio alto e la sua illiquidità

E’ importante, quindi, per tutti i risparmiatori che intendono fare falere i propri diritti, attivarsi tempestivamente per interrompere il decorso dei termini.   In caso di dubbio o per qualsiasi chiarimento sulle iniziative giudiziarie per il risarcimento dei danni da operazioni in titoli non quotati contatta i nostri uffici ai recapiti di sede 055 9362294 – email: info@aecifirenze.it

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